Springfield, uno stato qualunque, USA.
L’ospedale in cui lavora Rebecca ha appena completato le proprie pagine WWW. Sono sorprendenti. Uno sfondo del colore tipico delle case, immagini dell’ ospedale stesso e in sottofondo le parole di uno dei medici che sostiene che si tratta di un ospedale divertente di cui i bambini non devono avere paura. Alcuni giochini e collegamenti agli ospedali degli altri paesi. Rebecca fa clic con il mouse e vede una nuova pagina colma di immagini, questa volta della stanza C212.
“Belle immagini”, pensa, “ma chi le gestisce ?”. Fa un lungo sospiro. “Dove sono le informazioni utili ?”, pensa Rebecca. Tutto ciò che riesce a trovare sono informazioni sull’orario di apertura del negozio di generi vari all’interno dell’ospedale. Rebecca si volta e osserva la libreria. Vi è una lunga serie di annotazioni prese quando studiava le malattie infantili in Africa. Per due anni aveva viaggiato in lungo e in largo nel continente nero parlando con i medici del luogo. Aveva effettuato un inventario delle diverse malattie prendendo nota di come i medici le curavano con i mezzi a loro disposizione. Tali annotazioni sono state solo parzialmente inserite sul computer con l’intenzione di scrivere, prima o poi, degli articoli.
Si compiace del proprio lavoro ma è dispiaciuta del fatto che non possa fornire il materiale a coloro che ne hanno bisogno. Improvvisamente, si gira e fissa lo schermo sul quale è ancora presente l’immagine della stanza C212. “Dovrei ?”, pensa, “Potrei ?”
La morte di un bambino
Africa, uno villaggio qualunque.
Mtshali si affligge. E’ un medico di un piccolo villaggio africano. Questa mattina ha assistito alla morte di un bambino nelle braccia della madre. L’ospedale più vicino è a cinque giorni di cammino; il bambino non ce l’avrebbe mai fatta. Nonostante la notevole esperienza, Mtshali era impotente; non aveva mai visto i sintomi presentati dal bambino. Alla luce del tramonto Mtshali siede da solo osservando l’orizzonte. “Qualcuno deve saperlo!”, pensa, ” Se soltanto potessi raggiungerlo.” Mtshali si rende conto che molti altri bambini morirebbero se fosse costretto a trovare rimedio da solo.
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Il lavoro
Rebecca non esita un attimo. Definisce un rigido formato a cui devono attenersi tutti i files, in modo da trarre vantaggio dalla loro omogeneità e da poter effettuare ricerche con un programma. Trova quindi un programmatore disposto ad aiutarla. Impiega diverse settimane per immettere tutti i dati e convertire ciò che già esiste sul computer nel nuovo formato. Trascorre molte sere lavorando fino a mezzanotte.
Tutti si chiedevano dove trovasse tante energie. Non ci sono grafici, fa notare qualcuno, sono soltanto informazioni; la gente vuole sfondi eclatanti e stupidi suoni. Ma Rebecca procede con il lavoro spesso affiancata dal programmatore. E un giorno, dopo aver terminato, Rebecca mette a disposizione del mondo intero il proprio database sulle malattie infantili africane.
Il salvataggio di un bambino
Mtshali cammina. Ha lasciato il villaggio alle quattro del mattino e si trova a sette ore di cammino dalla scuola più vicina. La sua mente ritorna alla bambina che presenta gli stessi sintomi che avevano causato la morte dell’altro bimbo pochi mesi prima. Si sente impotente senza sapere che cosa fare per salvare la piccola. Ma ha sentito parlare di nuovi strumenti introdotti nella scuola che dovrebbero fornire molte risposte. Mtshali non sa di che si tratta e nemmeno come funziona. ma è disperato e disposto a trovare qualsiasi cosa che lo possa aiutare. Quando Mtshali arriva alla scuola, parla con il direttore, gli spiega il problema e il fatto che ha sentito parlare di questo nuovo aggeggio in grado di fornire numerose risposte.
Il direttore lo vuole aiutare? Il direttore lo presenta a una ragazza dell’ultimo anno che potrebbe aiutarlo a recuperare le informazioni sulla malattia. La ragazza conduce Mtshali nell’area computer della scuola. Accanto al generatore di elettricità c’è un vecchio PC e un vecchio VT100. Entrambi venivano utilizzati all’inizio degli anni ’80 in un’università europea e furono donati poi al terzo mondo quando si era deciso di passare a sofisticate workstation grafiche. La ragazza accende il computer e il monitor lentamente prende vita. Mtshali trattiene il respiro quando appaiono delle lettere sullo schermo. La ragazza prende un un’unità radio accanto al computer e stabilisce una connessione a un server distante alcune centinaia di chilometri.
Tale server dispone di una connessione mediante modem a 2400 baud a una macchina situata nella capitale dalla quale si raggiunge Internet via satellite. Ma Mtshali non sa tutto questo. Tutto ciò che vede sono messaggi che appaiono sullo schermo, lettera dopo lettera. La voce della ragazza interrompe le sue elucubrazioni. “Avete un bambino malato e non sapete cosa fare, non è vero?”, Mtshali annuisce e inizia a parlare dei sintomi. La ragazza lo interrompe educatamente dicendo: “Possiamo fare una sola cosa alla volta”. La ragazza si collega al server remoto e attiva un semplice browser basato su testo. Mtshali si siede accanto alla ragazza affascinato da ciò che sta succedendo. La ragazza, che ha ovviamente una certa esperienza, si collega a uno degli strumenti di ricerca su Web e dopo alcuni tentativi, trova il database di Rebecca. “E’ probabile che troveremo qui le informazioni che ci servono”, sostiene la ragazza, lasciando che Mtshali legga lo schermo. Mtshali non può che annuire.
Trovano lo strumento di ricerca sviluppato da Rebecca e dal programmatore e con l’aiuto della ragazza, Mtshali immette i dati. Clic su pulsante e lentamente le pagine che descrivono diversi tipi di malattie e le relative cure appaiono sullo schermo. Mtshali legge e rilegge ancora, facendo annotazioni mentali e su carta, mentre la ragazza naviga. Il tramonto li costringe a interrompere. La mattina successiva, Mtshali ritorna al villaggio pieno di speranza.
Epilogo
Alcune settimane dopo, Rebecca riceve una lettera dall’Africa. Trova alcune difficoltà nel decifrare la scrittura manuale. Proviene da un vecchio medico che la ringrazia e spiega come il suo database ha salvato la vita a un bambino. Contiene anche una descrizione del modo in cui la malattia ha aggredito il bambino e ciò che ha fatto il medico oltre alle azioni descritte sulle sue pagine. La stessa notte, Rebecca aggiorna le pagine.
(C)1995 di Abigail Martian, ristampa permessa. E’ possibile trovare questa pagina sul sito web di Abigail all’indirizzo: http://www.iaf.nl/~abigail/abigail.html