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Stare attenti vuol dire…

Stare attenti vuol dire vivere nel momento presente, non essere imprigionati nel passato e nemmeno anticipare eventi futuri che potrebbero non accadere.

Allorche’ siamo pienamente coscienti del momento presente, la vita si trasforma e l’ansia e lo stress scompaiono.

Gran parte della vita se ne va nella febbrile anticipazione delle cose da fare e nella conseguente sospensione d’animo.

Dovremmo imparare a fare un passo indietro nella liberta’ e possibilita’ del presente.

Bede Griffiths, 1906-1993

Nota: grazie ad Antonella per avermi girato questo ulteriore tassello di un disegno che un po’ alla volta sta prendendo forma.

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Se riuscirai a…

Se riuscirai a non perdere la testa quando tutti
La perdono intorno a te,dandone a te la colpa;

se riuscirai ad avere fede in te quando tutti dubitano,
e mettendo in conto anche il loro dubitare;

se riuscirai ad attendere senza stancarti nell’attesa,
se,calunniato,non perderai tempo con le calunnie,
se ,odiato , non ti farai prendere dall’odio, senza apparire
però troppo buono o troppo saggio;

se riuscirai a sognare senza che il sogno sia il padrone,
se riuscirai a pensare senza che pensare sia il tuo scopo,

se riuscirai ad affrontare il successo e l’insuccesso
trattando quei due impostori allo stesso modo;

se riuscirai ad ascoltare la verità da te espressa distorta
da furfanti per intrappolarvi gli ingenui, o a veder crollare
le cose per cui dai la tua vita e a chinarti per rimetterle
insieme con mezzi di ripiego;

se riuscirai ad ammucchiare tutte le tue vincite e a
giocarle in un sol colpo a testa o croce, e perdere e
ricominciare tutto da capo, senza mai fiatare e dir nulla
delle perdite;

se riuscirai a costringere cuore, nervi e muscoli, benchè
sfiniti da un pezzo, a servire ai tuoi scopi, e a tener duro
quando niente più resta in te tranne la volontà che
ingiunge: “Tieni duro!”;

se riuscirai a parlare alle folle serbando le tue virtù, e
a passeggiar coi re e non perdere il tuo fare ordinario;

se nè i nemici nè i cari amici riusciranno a colpirti,
se tutti contano per te ma nessuno mai troppo;
se riuscirai a riempire l’attimo inesorabile e a dar valore
a ognuno dei suoi sessanta secondi…

…il mondo sarà tuo allora, con quanto contiene.

E, quel che più conta, sarai un Uomo, figlio mio!

J.R. Kipling

Nota: grazie a Massimo sia per avermi girato questo pezzo che da tempo cercavo e non ricordavo più di chi fosse 🙂 che per avermelo inviato nel momento giusto. — (m|t)

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La rosa del farmacista.

«Devo sapere chi è al corrente della faccenda» disse piano Owen. «Vedete, se l’assassino non è Nicholas, se l’assassino è libero, sono in pericolo tutti coloro che hanno in mano una qualche prova. Vi metto in guardia; devo mettere in guardia la persona che condivide il segreto con voi.»

Wulfstan levò lo sguardo, incerto. «In pericolo?»
«In una situazione simile sapere vuol dire rischiare.»
«Deus iuvat me! non ci avevo pensato.»
«Si tratta di madama Wilton?»
«Ora che mi avete avvertito, posso mettere sull’avviso la persona che mi ha aiutato.»
«Pensateci. Io lavoro nella bottega dei Wilton. Se so che madama Wilton è in pericolo, posso proteggerla.»

Sì, pensò Wulfstan, quell’uomo forte e vigoroso era in grado di proteggerla, di vegliare su di lei. Che cosa poteva fare lui, Wulfstan? Come avrebbe potuto tenerla lontana dai pericoli? «Sì, dissi Lucie Wilton di non perdere di vista Nicholas. Le raccomandai di bruciare il farmaco.»
«Non sarà stato facile dirglielo.»
«Fu tremendo.»
«Ne sarà stata sconvolta.»
«Lucie Wilton è una donna coraggiosa. La prese con calma. Capì subito perché gliene parlavo.»

«Non pianse o si torse le mani?»
«Non è nel suo stile.»
«Vi sarete sentito sollevato. Non sarete di certo abituato agli svenimenti delle donne.»
«Non gliene avrei parlato se avessi temuto che si sarebbe comportata da sciocca.»
«Non ne fu quindi turbata?»

Wulfstan aggrottò la fronte. La domanda puntava in una direzione che non gli piaceva.

La rosa del farmacista.“,
Candace Robb – pag. 252-253
(Piemme)

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Scorrete lacrime, disse il poliziotto.

– Dio. – Jason barcollò. Vacillò, e la sua percezione della gravità si frantumò. Il suo orecchio medio, sottoposto a pressioni, si mise a fluttuare, e la stanza prese a ruotargli attorno, nel silenzio di una danza perpetua. Come una ruota panoramica in un luna park.

Chiuse gli occhi, si appoggiò al muro, poi, alla fine, guardò di nuovo.

“E’ morta” pensò. “Ma quando? Centomila anni fa? Un minuto fa?”
“Perché è morta?”
“E’ un effetto della mescalina che ho preso? E reale?

Era reale.

Si chinò a toccare la camicia con le frange. la pelle era morbida, soffice; non si era decomposta. Il tempo non aveva toccato i vestiti. Il che significava qualcosa, ma lui non era in grado di capirlo. “Soltanto lei” pensò. “Tutto il resto, in questa casa, è com’era prima. Quindi non può essere colpa dell’effetto della mescalina. Però non posso esserne certo.”

“Devo scendere al piano di sotto. Andarmene da qui.”
Ripercorse a zig-zag il corridoio.

Scorrete lacrime, disse il poliziotto.“,
Philip K. Dick – pag. 188
(Mondadori)

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Ode al giorno felice.

Questa volta lasciate che sia felice,
non è successo nulla a nessuno,
non sono da nessuna parte,
succede solo che sono felice
fino all’ultimo profondo angolino del cuore.

Camminando,dormendo o scrivendo,
che posso farci, sono felice.
sono più sterminato dell’erba nelle praterie,
sento la pelle come un albero raggrinzito,
e l’acqua sotto,gli uccelli in cima,
il mare come un anello intorno alla mia vita,
fatta di pane e pietra la terra
l’aria canta come una chitarra.

Tu al mio fianco sulla sabbia, sei sabbia,
tu canti e sei canto,
Il mondo è oggi la mia anima
canto e sabbia,il mondo oggi è la tua bocca,
lasciatemi sulla tua bocca e sulla sabbia
essere felice,
essere felice perché si,
perché respiro e perché respiri,
essere felice perché tocco il tuo ginocchio
ed è come se toccassi la pelle azzurra del cielo
e la sua freschezza.

Oggi lasciate che sia felice, io e basta,
con o senza tutti, essere felice con l’erba
e la sabbia essere felice con l’aria e la terra,
essere felice con te,con la tua bocca,
essere felice.

Ode al giorno felice.“,
Pablo Neruda

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