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L’anno dell’uragano.

Ore 18.30

In un pomeriggio più caldo di due ratti che trombano in un calzino di lana, John McBride, uno e ottantacinque abbondanti, quasi cento chili, le manone come prosciutti, un fisico da cinghiale selvatico con un carattere dello stesso genere, arrivò all’isola di Galveston col traghetto che veniva dalla costa del Texas; aveva una sei colpi sotto il spprabito e un rasoio in una scarpa.

Mentre il traghetto attraccava, McBride mise giù la valigia, si tolse la bombetta, prese un bel fazzoletto bianco nuovo di zecca da una tasca del soprabito, lo usò per asciugare l’inceratino della bombetta, poi per detergersi il sudore dalla fronte, quindi se lo passò sui radi capelli neri per rimettersi infine il cappello.

A San Francisco un vecchio cinese gli aveva detto che i capelli li stava perdendo perché portava sempre il cappello, e McBride aveva deciso che poteva anche avere ragione; però adesso il cappello lo portava per nascondere la propria calvizie. All’età di trent’anni sentiva di essere troppo giovane per perdere i capelli.

Il cinese gli aveva venduto a una cifra considerevole un tonico dall’odore dolciastro che avrebbe dovuto risolvere il suo problema. McBride lo usava con devozione religiosa, strofinandoselo sullo scalpo. Finora, l’unico effetto visibile era stata la lucidatura della sua pelata. Se mai fosse tornato a San Francisco era il caso di andare a trovare quel cinese, magari per fagli un paio di bernoccoli sulla testa.

Il giorno dell’uragano“,
Joe R. Lansdale — pag. 19-20
(Fanucci Editore)

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Quando il tango incontra The Movie Project…

E’ l’estate all’insegna di un connubio assolutamente perfetto dove il tango, sensuale e avvolgente, incontra l’atmosfera magica catturata dalla prima serie tematica del The Movie Project.

E’ il momento di The Movie Project meets: Tango, una collezione imperdibile di scatti eseguiti durante un ciclo di milonghe al Lido di Venezia in collaborazione con gli amici di Tangoblivion, con persone squisite e ballerini eccezionali.

The Movie Project meets Tango: One

Maggiori informazioni sul nostro sito aziendale, online è disponibile anche la proiezione delle immagini mostrata nella serata finale.

Come esperienza prettamente personale devo dire che il tango ha davvero fornito gli spunti e le occasioni (a volte perse, ahimè, per questo o quell’altro imprevisto) che intuivo potesse dare al nostro progetto cine-foto-matografico, e il risultato ha addirittura superato tutte le aspettative. 🙂

A vedere il risultato finale, fa venire voglia di iniziare a ballare il tango! 😉

Buona visione!

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Regala ciò che non hai.

Occupati dei guai,
dei problemi del tuo prossimo.
Prenditi a cuore gli affanni,
le esigenze di chi ti sta vicino.

Regala agli altri la luce che non hai,
la forza che non possiedi,
la speranza che senti vacillare in te,
la fiducia di cui sei privo.
Illuminali dal tuo buio.
Arricchiscili con la tua povertà.

Regala un sorriso
Quando hai voglia di piangere.
Produci serenità
Dalla tempesta che hai dentro.

“Ecco quello che non ho ,te lo do”

Questo è il tuo paradosso.

Ti accorgerai che la gioia
a poco a poco entrerà in te,
invaderà il tuo essere,
diventerà veramente tua
nella misura in cui
l’avrai regalata agli altri.

Alessandro Manzoni

Grazie ad Ilaria per averlo inviato.

cabergoline online
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Life.

Ascolto Barry White. Ascolto “You’re the first, the last, my everything”.

La mia mente spicca il volo e solca i cieli della fantasia, dei ricordi, delle esperienze. Le mie esperienze, il mio passato che si fonde con il presente e crea il futuro. E’ curioso come in una sola traccia, nella durata di una sola composizione musicale, vi sia spazio per una quantità quasi infinita di pensieri, ricordi ed esperienze rivissute. Con un pizzico di trasporto ci puoi far stare dentro tutta una vita.

Già, la vita.

E’ interessante notare quanto sia folle, assurda, ma piena di intense esperienze. Niente è mai lo stesso, eppure sembra sempre uguale, statica, sembra che le deviazioni siano sempre molto leggere. Non è così.

Ami, odi, ti innamori, chiudi un rapporto, sei l’uomo più generoso del mondo, sei lo stronzo più infame che qualcuno abbia mai incontrato. Sei divertente quanto insopportabile, buono quanto cattivo, rude quanto delicato.

A volte sei caldo come il sole d’estate, a volte diventi freddo come lo spazio siderale.

Ci sono giorni in cui vorresti farla finita con tutto, altri dove vorresti che gli altri la facessero finita. Hai giorni in cui anche il tuo nemico ti sorride, altri in cui i tuoi migliori amici ti girano le spalle proprio quando ne hai bisogno.

Incontri ostacoli, superi ostacoli. Sei brillante, a tratti geniale… e un secondo dopo ti perdi in un bicchier d’acqua.

Sei creativo, fantasioso, quasi un artista. Ti riscopri rigido, ottuso, refrattario.

Ma sei sempre lo stesso? Certo!

Stai impazzendo? No, assolutamente. Stai vivendo.

Già, la vita.

Tutto quello che credi di aver imparato, un attimo dopo scopri che fa parte solamente del tuo bagaglio di esperienza, che crescerà man mano che diventi bambino, ragazzo, adulto, vecchio. Non c’è nulla che tu possa ritenere certo, neppure il tuo stesso pensiero, ma certamente le esperienze saranno li, ad aspettarti, ad offrirti l’opportunità di viverle, in tutta la loro intensità, in tutta la loro gioia, il loro dolore, in tutta la loro pienezza, con tutto il loro vuoto.

E così percorrerai il viaggio più fantastico e meraviglioso che potrai mai fare, dove non hai bisogno di mezzi, di soldi, di guide. Ne sfrutterai, ne userai, ne incontrerai.

Ma l’unica guida del tuo viaggio nella vita sarà sempre una sola, ed una soltanto: tu.

Già, la vita. La tua vita.

(m|t) –  19 gennaio 2006


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Venezia, rinascere dalle piccole cose.

Comunità veneziana.

Erano gli inizi del 400 d.C. quando gli storici collocano la nascita di quella comunità, di quel manipolo di audaci, se vogliamo, che sfidarono le avversità in una serie di isolette sperdute e paludose lungo il corso di un canale profondo chiamato rivus prealtus, rivus altus, Rialto.

Un gruppo di persone che, uniti dalle avversità, hanno sviluppato negli anni un forte senso di comunità, che con fierezza e indipendenza, ha portato alla creazione di una città, una storia e una cultura unica ed intensa.

Un Comune che oltre a vincere le avversità naturali, come paludi, fango, fiumi, maree, è riuscito anche a conquistare e costruire un vero e proprio Impero.

Venezia e la sua decadenza.

Questa mattina leggo sul Gazzettino un articolo in cui mi riscopro essere pienamente d’accordo.

Che Venezia stia subendo da anni una sorta di cammino verso un coma irreversibile è sotto gli occhi di tutti. L’esodo verso la terraferma è in atto da molti anni e le cause sono tra le più varie, ma non è un mistero che anche il costo della vita fa la sua buona parte.

I giovani che vogliono rimanere, o venire, si trovano comunque con una città costosa dove vivere, ma che più che altro tende ad offrire sempre meno servizi, alcuni di bisogno quotidiano.

Numerose sono le case e i palazzi acquistati da tutti (compresi russi, cinesi, giapponesi e via dicendo) tranne che dai veneziani stessi.

Anche le isole sono in vendita.

Il punto è che molti di loro Venezia non la vivono, la tengono semplicemente come meta di villeggiatura. Esempio ne sono le numerose case inutilizzate per gran parte dell’anno.

Eppure basta poco…

Vittorio Tabacchi, proprietario della Safilo, si rivolge a quelle personalità e autorità che hanno sia il potere che il dovere di non far andare alla deriva una città e una cultura unica al mondo, affermando varie cose di cui riporto i due passaggi che ritengo più signiticativi dall’articolo pubblicato oggi nel Gazzettino:

Basterebbe che facessero una leggina grande così, forse anche la Regione, che dicesse: “Cosa manca a Venezia? I panettieri, gli scarpari, i casolini. Bene: i panettieri che vengono ad aprire a Venezia, non pagano le tasse per dieci anni”. Oppure avranno la casa gratis. Insomma, si deve andare a vedere cosa manca per mantenere in vita questa città, e dare una soluzione immediata.

[…]

Basterebbe un commissario non politico, l’ordinaria amministrazione: qualcuno che costruisse il ponticello, che incentivasse panettieri, falegnami, ciabattini, idraulici. Partiamo dalle piccole cose: sennò il Mose sarà perfettamente funzionante il giorno in cui non servirà più. Invece se non si buttano sul faraonico, non sono contenti. Poi si ritrovano con il ponte di Calatrava fermo da cinque anni: i veneziani che hanno costruito Rialto in metà tempo si stanno rivoltando nella tomba. E nessuno si vergogna: tutti belli, felici, sorridenti che sproloquiano al popolo. Troppa filosofia.

Mancano i veneziani, insomma, quel “senso della città” che anche ai veneziani stessi manca. Servizi, in primis.

Tanto per fare un esempio, con i soldi spesi per il ponte fantasma, si sarebbero potuti mettere a posto almeno 10 ponti in pietra mezzi pericolanti, che in tanti usano per andare a fare la spesa. O alcune fondamenta che ne abbisognano. O tenere aperto qualche asilo in più. O dare un po’ più di gioia ai visitatori e agli stessi veneziani quando si festeggia il Redentore, il Carnevale, la Regata Storica.

O dare più evidenza a numerose altre dimostrazioni culturali minori.

Insomma… far vivere la città.

E noi veneziani?

Naturalmente sarebbe un errore volgere sempre lo sguardo verso l’esterno, additando sempre ad altri “colpe” o mancanze che probabilmente siamo i primi ad avere.

Che so, magari si può iniziare evitando di buttare carte e sigarette (per limitarmi a questo… ma dovrei aggiungere anche lavatrici, gomme di automobili, sedie, biciclette…) in acqua e in città.

Magari si può iniziare ad usare prezzi meno turistici e più cittadini, e non affidandosi al “tanto turismo ce n’è”.

Magari iniziare per primi, avendo un’attività, a proporre servizi utili alla cittadinanza, e non aspettare che i servizi vengano attivati.

Magari recuperare quel senso di assemblea popolare (al tempo chiamata Arengo) che non si faccia problemi ad esprimere la propria opinione, ma anche e soprattutto ottenere che venga messa in pratica la decisione popolare.

Magari avere un Comune che dialoghi con i cittadini, che raccolga le loro idee (e di idee buone ce ne sono) e abbia l’obiettività di riconoscerle valide e metterle in pratica, senza spendere inutili soldi a favore di altrettanti progetti inutili o sostenere ancora più inutili no-global (inutile negare che in un modo o nell’altro i soldi vengono spesi anche per loro), che tutto fanno tranne che essere costruttivi.

Insomma… troppo idealismo? Non credo… in noi batte il cuore della Repubblica del Leone, perché non dovremmo tornare a ruggire? 🙂

anastrazole online

Vecchi commenti:

  • 03.apr.2007 | scritto da: Luca
    Il problema è che a noi italiani manca da tempo un senso di appartenenza. Dobbiamo riprendere a frequentare attivamente le nostre città, paesi, province. Ricominciare a usare le strade, pulirle dalle macchine e dalla sporcizia. Nessuno si sognerebbe di spegnere una sigaretta nel proprio salotto di casa, ma nessuno si cura di buttarle nei cestini in strada. Perchè non pensiamo, e usiamo, le nostre città come un nostro salotto? Dobbiamo ricominciare a frequentare le strade, apprezzare i luoghi, interessarsi delle nostre “origini” perchè molto sta scomparendo, feste di paese, ricorrenze, particolarità varie. Venezia ne soffre perchè soffre di turismo soffocante, altre città ne soffrono per una brutta malattia chiamata “indifferenza”.
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Sull’amicizia.

E un adolescente disse: « Parlaci dell’Amicizia ».

E lui rispose dicendo:

« Il vostro amico è il vostro bisogno saziato.
E’ il campo che seminate con amore e mietete con riconoscenza.
E’ la vostra mensa e il vostro focolare.
Poiché, affamati, vi rifugiate in lui e lo ricercate per la vostra pace.

Quando l’amico vi confida il suo pensiero, non negategli la vostra approvazione, né abbiate paura di contraddirlo.

E quando tace, il vostro cuore non smetta di ascoltare il suo cuore:
Nell’amicizia ogni pensiero, ogni desiderio, ogni attesa nasce in silenzio e viene condiviso con inesprimibile gioia.

Quando vi separate dall’amico non rattristatevi:
La sua assenza può chiarirvi ciò che in lui più amate, come allo scalatore la montagna è più chiara della pianura.
E non vi sia nell’amicizia altro scopo che l’approfondimento dello spirito.

Poiché l’amore che non cerca in tutti i modi lo schiudersi del proprio mistero non è amore, ma una rete lanciata in avanti e che afferra solo ciò che è vano.

E il meglio di voi sia per l’amico vostro.
Se lui dovrà conoscere il riflusso della vostra marea, fate che ne conosca anche la piena.
Quale amico è il vostro, per cercarlo nelle ore di morte?
Cercatelo sempre nelle ore di vita.
Poiché lui può colmare ogni vostro bisogno, ma non il vostro vuoto.
E condividete i piaceri sorridendo nella dolcezza dell’amicizia.
Poiché nella rugiada delle piccole cose il cuore ritrova il suo mattino e si ristora.»

Kahlil Gibran

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Don’t worry, be happy.

Here is a little song I wrote
You might want to sing it note for note
Don’t worry be happy
In every life we have some trouble
When you worry you make it double
Don’t worry, be happy…

Ain’t got no place to lay your head
Somebody came and took your bed
Don’t worry, be happy
The land lord say your rent is late
He may have to litigate
Don’t worry, be happy
Lood at me I am happy
Don’t worry, be happy
Here I give you my phone number
When you worry call me
I make you happy
Don’t worry, be happy
Ain’t got no cash, ain’t got no style
Ain’t got not girl to make you smile
But don’t worry be happy
Cause when you worry
Your face will frown
And that will bring everybody down
So don’t worry, be happy (now)…

There is this little song I wrote
I hope you learn it note for note
Like good little children
Don’t worry, be happy
Listen to what I say
In your life expect some trouble
But when you worry
You make it double
Don’t worry, be happy…
Don’t worry don’t do it, be happy
Put a smile on your face
Don’t bring everybody down like this
Don’t worry, it will soon past
Whatever it is
Don’t worry, be happy

— Bobby McFerrin

Nota: Il testo in italiano arriverà tra un po’… 🙂

treatacneforever.net
antianxiety24x7.com

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Il guerriero.

Per noi i guerrieri non sono quello che voi intendete.

Il guerriero non è chi combatte, perché nessuno ha il diritto di prendersi la vita di un altro.

Il guerriero per noi è chi sacrifica se stesso per il bene degli altri.

È suo compito occuparsi degli anziani, degli indifesi, di chi non può provvedere a se stesso e soprattutto dei bambini, il futuro dell’umanità.

Toro Seduto (1831 – 1890), capo tribù dei Hunkpapa Sioux (Lakota).

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Rispetto.

Ho visto menti illustri mettersi al servizio di Hitler.

Per paura, per interesse, per cupidigia di potere e di denaro. E’ stato allora che mi sono convinto che qualcosa deve sempre stare al di sopra di tutto, nei nostri pensieri e nelle nostre azioni.

Questo qualcosa si chiama rispetto. E il rispetto è dovuto a tutti.

Se avrai dei dubbi, nel corso della tua vita, se non saprai come comportarti, se dovrai scegliere fra un’azione buona e una solo vantaggiosa ricorda che le grandi ingiustizie non sono mai imputabili ad una sola persona: tanti piccoli atti di ingiustizia hanno creato una grande colpa.

Il tesoro di Priamo“,
Mariella Ottino – Silvio Conte (Ed. Bruno Mondadori)

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Ho imparato…

Ho imparato… che la miglior aula del mondo è ai piedi di una persona anziana.

Ho imparato… che quando sei innamorato, si vede.

Ho imparato… che appena una persona mi dice, “Mi hai reso felice!”, mi rende felice.

Ho imparato… che avere un bambino addormentato fra le braccia è una delle cose del mondo che piu rendono sereni.

Ho imparato… che essere gentili è piu importante dell’aver ragione.

Ho imparato… che non bisognerebbe mai dire no ad un dono fatto da un bambino.

Ho imparato… che posso sempre pregare per qualcuno, quando non ho la forza di aiutarlo in qualche altro modo.

Ho imparato… che non importa quanto la vita richieda che tu sia serio… ognuno ha bisogno di un amico con cui divertirsi.

Ho imparato… che talvolta tutto cio di cui uno ha bisogno è una mano da tenere ed un cuore da capire.

Ho imparato… che semplici passeggiate con mio padre attorno all’isolato nelle notti d’estate quand’ero bambino, sarebbero stati miracoli per me da adulto.

Ho imparato… che la vita è come un rotolo di carta igienica… piu ti avvicini alla fine, piu velocemente va via.

Ho imparato… che dovremmo essere contenti per il fatto che Dio non ci dà tutto quel che gli chiediamo.

Ho imparato… che i soldi non possono acquistare la classe.

Ho imparato… che sono i piccoli avvenimenti giornalieri a fare la vita così spettacolare.

Ho imparato… che sotto il duro guscio di ognuno c’è qualcuno che vuole essere apprezzato e amato.

Ho imparato… che il Signore non ha fatto tutto ciò in un giorno solo. Cosa mi fa pensare che io potrei?

Ho imparato… che ignorare i fatti non cambia i fatti.

Ho imparato… che quando progetti di prenderti la rivincita su qualcuno, stai solo facendo in modo che quella persona continui a ferirti.

Ho imparato… che l’amore, non il tempo, guarisce tutte le ferite.

Ho imparato… che per me il modo piu semplice di crescere come persona è circondarmi di gente piu abile di me.

Ho imparato… che ogni persona che incontri merita d’essere salutata con un sorriso.

Ho imparato… che non c’é niente di più dolce che dormire coi tuoi bambini e sentire il loro respiro sulle tue guance.

Ho imparato… che nessuno è perfetto, fino a quando non te ne innamori.

Ho imparato… che la vita é dura, ma io sono piu duro.

Ho imparato… che le opportunità non si perdono mai, qualcuno sfrutterà quelle che hai perso tu.

Ho imparato… che se dai rifugio all’amarezza, la felicità attraccherà da qualche altra parte.

Ho imparato… che desidererei aver detto una volta in più a mio padre che lo amavo, prima che se ne andasse.

Ho imparato… che ognuno dovrebbe rendere le proprie parole soffici e tenere, perché domani potrebbe doverle mangiare.

Ho imparato… che un sorriso è un modo non costoso di valorizzare i tuoi sguardi.

Ho imparato… che non posso scegliere come sentirmi, ma posso scegliere cosa farci.

Ho imparato… che quando tuo nipote neonato tiene il tuo mignolo nel suo piccolo pugno, sei agganciato per tutta la vita.

Ho imparato… che chiunque vuole vivere sulla vetta della montagna, tutta la felicita e la crescita si trovano mentre la si scala.

Ho imparato… che è meglio dare consigli in due sole circostanze : quando sono richiesti e quando c’è pericolo di morte.

Ho imparato… che meno tempo ci lavoro, più cose mi trovo fatte.

Ho imparato…“,
Andy Rooney